ABDEL BILAL
Sono arrivato in Italia sei mesi fa una
notte calda di giugno senza luna.
Tre giorni prima mi ero
imbarcato nella costa libica in un vecchio
peschereccio che mi sembrava grande ma
dopo affollarsi con duecento quaranta persone mi parve un guscio di noce.
La prima cosa cosa dell’Italia che ho visto è stato il grande mostoscafo
della Guardia di Finanza che ci ha scoperto
a mezzo miglio della costa d’una isola di strano nome: Lampedusa. Cosí, dopo la grande avventura africana
cominciò per me l’italiana.
Sono del Mali e, siccome nel mio paese cominciava la guerra, ho chiesto
asilo politico. Dopo tre settimane in un centro
di accoglienza nell’ isola, non mi hanno rimpatriato come temevo, mi hanno
classificato come esule (che è una categoría superiore a quella di immigrato irregolare), e mi hanno
spedito un documento di riconoscimento
con cui posso andare dappertutto l’Italia.
Nel Mali lavoravo come professore di francese e qui
faccio qualsiasi cosa per sopravvivere. Adesso che sono a Roma mi
stanno aiutando amici compatrioti. Abito a la loro casa, non c’è male, ho una stanza da condividere con altre tre
immigrati che sono a Roma da cinque anni e hanno contatti e lavoretti in nero.
Sto aspettando dalla prefettura il permesso di lavoro per potere trovare un
lavoro che mi permetta anche inviare soldi alla mia famiglia. Sono un uomo ottimista!
Carmen Piquero
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