lunedì 27 gennaio 2014





ABDEL BILAL


         Sono arrivato in Italia sei mesi fa una  notte  calda di giugno senza  luna. 

    Tre giorni prima  mi ero imbarcato  nella costa libica in un vecchio peschereccio che mi sembrava  grande ma dopo  affollarsi con duecento  quaranta persone mi  parve un guscio di noce.

       La prima cosa cosa dell’Italia che ho visto è stato il grande mostoscafo della Guardia di Finanza che ci ha scoperto  a mezzo miglio della costa d’una isola di strano nome: Lampedusa. Cosí,  dopo la grande avventura africana cominciò  per me l’italiana.

     Sono del Mali e, siccome nel mio paese cominciava la guerra, ho chiesto asilo politico. Dopo tre settimane in un centro  di accoglienza nell’ isola, non mi hanno rimpatriato come temevo, mi hanno classificato come esule (che è una categoría superiore  a quella di immigrato irregolare),  e mi hanno  spedito  un documento di riconoscimento con cui posso andare dappertutto l’Italia.

     Nel Mali lavoravo come professore di francese  e  qui faccio  qualsiasi cosa  per sopravvivere. Adesso che sono a Roma mi stanno aiutando amici compatrioti. Abito a la loro casa, non c’è male,  ho una stanza da condividere con altre tre immigrati che sono a Roma da cinque anni e hanno contatti e lavoretti in nero. Sto aspettando dalla prefettura il permesso di lavoro per potere trovare un lavoro che mi permetta anche inviare soldi alla mia famiglia. Sono un uomo  ottimista!

                                                                                          Carmen Piquero

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